4 Deportazione

Nel 1933, anno in cui Hitler sale al potere, viene costruito il primo campo di concentramento a Dachau per gli oppositori politici. Negli anni successivi il führer attua una politica di “igiene sociale” che consiste nell’eliminazione di malati di mente e portatori di handicap. Dal 1938 aumentano i campi di concentramento per lo sterminio o per lo sfruttamento schiavistico di categorie sociali ed etniche: zingari, omosessuali, ebrei e oppositori politici. Durante il conflitto nei campi di sterminio vengono uccise oltre 12 milioni di persone, di cui circa la metà sono ebrei.

In Italia la deportazione degli ebrei comincia dopo l’8 settembre 1943 e si avvale della collaborazione dei fascisti della Repubblica di Salò che forniscono nominativi e indirizzi di persone e che partecipano alle operazioni di cattura. I nazisti gestiscono i campi di smistamento italiani nei quali transitano la gran parte dei deportati come Bolzano, Borgo San Dalmazzo (Cuneo), Fossoli a Carpi (Modena) e il campo di sterminio della risiera di San Sabba a Trieste.

La deportazione in Italia:

  • ebrei e deportati politici: circa 40.000 persone sono internate nei campi di concentramento sotto il controllo del corpo delle Ss, l’apparato militare creato da Hitler. Di queste quasi 8.000 sono ebrei; circa 32.000 sono prigionieri politici. Nei campi le condizioni di vita determinano un tasso di sopravvivenza intorno al 10-15%
  • prigionieri di guerra (internati militari): circa 700.000 sono i soldati catturati dopo l’8 settembre 1943 in patria e sui fronti di guerra all’estero e reclusi nei campi di lavoro sotto il controllo dell’esercito tedesco
  • lavoratori coatti: quasi 100.000 sono i lavoratori deportati in Germania da impiegare nelle industrie bisognose di mano d’opera per la produzione bellica; i detenuti sono reclusi in campi di lavoro gestiti dalle imprese e dalle aziende

3.6 Fronte in città

4.1 Sterminio degli ebrei e i “giusti”